Statistiche sulla secolarizzazione

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2 thoughts on “Statistiche sulla secolarizzazione

  1. Le statistiche sulla secolarizzazione NON possono basarsi sui dati della chiesa cattolica; neanche su quelli pubblicati annualmente sul loro Annuario statistico:
    Un estratto dal sito dell’Uaar:
    http://www.uaar.it/ateismo/statistiche/statistiche_cattoliche/

    L’inattendibilità delle statistiche della Chiesa

    Le statistiche fornite dalla Chiesa cattolica sul numero dei suoi fedeli sono prive di plausibilità scientifica e difficilmente accettabili anche come semplici “stime”. È quanto emerge da un’analisi approfondita delle cifre fornite dalla Chiesa stessa all’interno delle sue pubblicazioni. …

    Una verifica puntuale, compiuta sui dati di ogni singola diocesi italiana, aggiornati al 31 dicembre 2003 e pubblicati all’interno dell’Annuario Pontificio 2005 (stampato in Vaticano), smentisce però questa prospettiva e lascia alquanto perplessi sull’opportunità di considerarli anche solo come semplici stime.
    La prima cosa che balza all’occhio è l’arrotondamento dei dati, alquanto inusuale per qualsiasi repertorio statistico degno di questo nome. Si resta perplessi di fronte alla plausibilità di dati come quelli di Arezzo (popolazione 300.000, cattolici 285.000, non cattolici 15.000, battezzati nel 2003 1.800) o di Palermo (rispettivamente 960.000, 930.000, 30.000, 12.000). Sono arrotondamenti che nel volume si rivelano costanti e, spesso, anche alquanto grossolani. Prescindendo dalle abbazie territoriali, su 218 diocesi italiane il dato dei cattolici si presenta arrotondato in 112 casi: in 41 casi al centinaio, in 56 al migliaio, in 13 alla decina di migliaia, in 2 (Napoli e Porto) addirittura al centinaio di migliaia di fedeli.
    In un caso (Teano-Calvi) la diocesi è arrivata a sostenere che non esistono acattolici sul territorio di propria competenza: 80.000 abitanti, 80.000 fedeli. Nel caso della piccola diocesi di Lamezia Terme (140.000 abitanti), invece, il dato sorprendente è quello dei battesimi che sarebbero stati impartiti nel 2003: addirittura 9.600, numero che la collocherebbe al quinto posto in Italia dopo Milano, Roma, Torino e Palermo, e ben davanti a Napoli che, per contro, dichiara una cifra evidentemente troppo bassa (2.900). Per dare un’idea del nonsenso della cifra di Lamezia, si consideri che nella provincia “italiana” di Catanzaro, su cui la diocesi lametina insiste per circa un terzo, nello stesso anno 2003 i nuovi nati furono solo 3.357. Per quanto evidentemente sovradimensionato, questo dato è stato ugualmente accolto in Vaticano come veritiero: la somma del numero dei battezzati nelle singole diocesi corrisponde infatti all’unità al dato nazionale (456.807) pubblicato nell’Annuarium Statisticum Ecclesiae 2003.
    Quest’ultima è l’altra pubblicazione statistica vaticana che esibisce le cifre aggiornate al 31 dicembre, presentate in questo caso nazione per nazione. È degno di nota che i due annuari divergano invece per la popolazione (59.781.160 nel Pontificio, 57.610 migliaia nell’altro) e per il numero di cattolici (57.715.651 nel Pontificio, 55.752 migliaia nel secondo). Il fatto che la percentuale di fedeli risulti più o meno la stessa (96,54% nel Pontificio, 96,77% nell’altro) autorizza a pensare che sia intervenuta una correzione, onde non stampare un volume con un numero di cittadini italiani che, rispetto a qualunque ricerca statistica ISTAT, si sarebbe rivelato decisamente sovradimensionato (perché basato sulle fonti diocesane).
    L’irragionevolezza di questi dati ha imposto a questo punto un confronto con quelli precedenti, per verificare se, per caso, non si fosse trattato di errori contingenti, di una “annata storta”. Per maggior scrupolo, il confronto è stato effettuato con i dati aggiornati a due anni prima (31 dicembre 2001) presentati dall’Annuario Pontificio 2003, al fine di poter scartare anche l’ipotesi che alcune cifre fossero state “replicate” o arrotondate a causa di una tardiva consegna dei dati. Dalla verifica è invece emersa una situazione che non solo ha confermato, ma ha addirittura rafforzato la tesi dell’inverosimiglianza delle statistiche vaticane.
    Gli arrotondamenti si erano infatti sprecati anche in questa occasione. Non solo, ma in numerose occasioni i dati 2003 e quelli del 2001 si sono rivelati identici: per la precisione, in 39 casi per quanto riguarda la popolazione, in 47 casi per quanto riguarda i cattolici, in 4 casi per quanto riguarda i battesimi (il che è veramente sorprendente, perché quest’ultimo dato dovrebbe essere alquanto semplice da raccogliere). In 38 casi anche il numero degli acattolici si è rivelato inalterato: una circostanza inevitabile laddove anche i dati relativi a popolazione e numero dei fedeli erano invariati (è accaduto 32 volte, ma in tre casi si è rivelato identico anche il numero di battesimi). Tuttavia, il fatto che in sei casi a restare identico sia stato il solo numero dei non cattolici non fa che accrescere i dubbi, che raggiungono il culmine con il dato di Acireale, la cui cifra spezzata (2.102) fa venir meno anche qualsiasi possibile giustificazione basata sugli arrotondamenti.
    Oltre a ciò, si rileva che alcune delle incongruenze evidenziate in precedenza erano già lampanti, tali e quali, nell’Annuario di due anni prima: la diocesi di Teano-Calvi non segnalava comunque nessun acattolico, quella di Lamezia Terme evidenziava comunque 9.000 battesimi e quella di Napoli ne evidenziava comunque 2.800. In alcuni casi le modifiche sono talmente irrilevanti da apparire artificiose: per esempio, la diocesi di Siena segnala ora dieci cattolici in più e venti non cattolici in meno.
    Un quadro assolutamente statico, allora? No. Nelle diocesi i cui dati sono mutati tra il 2001 e il 2003 può capitare di assistere a cambiamenti che, se fossero reali, sarebbero addirittura epocali. Limitandoci al solo dato degli acattolici, si può notare che in alcune diocesi avrebbero avuto un vero e proprio crollo nel giro di soli due anni: ad esempio Gaeta (da 7.953 a 140), Messina (da 15.360 a 1.100), Pavia (da 11.153 a 2.851) e Reggio Calabria (da 18.081 a 2.199). Conversioni di massa? No. Altre diocesi manifestano infatti un trend esattamente contrario: il numero dei non cattolici aumenterebbe infatti in modo esponenziale ad Acqui (da 3.980 a 33.982), Brescia (da 16.350 a 106.000), Ravenna-Cervia (da 380 a 19.320) e Roma (da 76.023 a 333.206). Quest’ultimo è forse il dato più paradossale di tutti, perché corrisponde (all’unità) all’aumento della popolazione, mentre il numero dei cattolici risulta identico (all’unità) a quello di due anni prima (2.454.000). …

    • La doverosa premessa è che non abbiamo mai usato i dati che tu citi. Nell’art. 1 sono usati dati Istat; nel secondo sono in effetti usati dati CEI, e nonostante i dati siano di parte il trend temporale e la differenza fra educazione infantile e superiore è evidente.
      Nella terza ci siamo basati sui dati delle prime due indagini per un confronto meramente territoriale.
      Nella quarta abbiamo effettivamente utilizzato i dati sulle ordinazioni fornite dalla Chiesa cattolica, ma anche lì il quadro non è poi tanto roseo.
      La quinta indagine, sull’Otto per mille, si basa in effetti sui dati della CEI e in questo caso la loro attendibilità sarebbe tutta da verificare – ma già da quei dati si possono trarre considerazioni critiche sulla mole di denaro pubblico trasferito alla Chiesa e usato con finalità ben diverse da quelle che gli spot del “Chiedilo a loro” vorrebbero farci credere.
      I numeri 6 e 7, poi, si basano su una ricerca di ambito accademico che utilizza dati campionari dell’ISSP – international social survey project.

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