Testamento biologico, 4 anni dopo

I lettori, forse, ricorderanno che, durante la vicenda giudiziaria degli Englaro, una volta riconosciuto dalla Cassazione il diritto di porre fine all’accanimento terapeutico si scatenò il finimondo.

L’allora presidente del Consiglio Berlusconi, infatti, usò parlando di Eluana parole agghiaccianti, che è bene non ricordare qui e si spinse a emanare un decreto legge: una decretazione d’urgenza per rendere inefficace la sentenza, ovvero per annullarla di fatto. Una forzatura inaccettabile, che in quanto tale fu respinta dal presidente della Repubblica Napolitano.

E così nacque il disegno di legge Calabrò, con l’obiettivo sostanziale di impedire il testamento biologico e l’autodeterminazione del paziente. Forse è superfluo (ma non fa mai male) ricordare che a sostegno di questa visione si è schierata buona parte del mondo cattolico, mentre contro di essa si sono mobilitate associazioni del mondo laico e umanistico.

Ebbene, la necessità di una legislazione restrittiva era così urgente che in 4 anni il ddl Calabrò non è stato approvato (per fortuna): lo spiega, in questa nota, l’Uaar, che in conclusione osserva:

Pericolo scampato, dunque? Non è detto. Dipende da come andranno le prossime elezioni, e quanti clericali saranno eletti in parlamento. C’è peraltro bisogno anche di molti laici, in parlamento, perché una legge a favore del testamento biologico è comunque necessaria. Certo, al momento lo “stato dell’arte” è la sentenza della Cassazione, che fa giurisprudenza, ma fu emanata dopo ben quindici anni dall’incidente di Eluana, e solo per la non comune tenacia di Beppino Englaro. Serve invece una legge che garantisca modalità e tempi certi per esercitare quella libertà di scelta che spetta di diritto a ogni cittadino.

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