La prova definitiva che la Chiesa fa politica

La prova definitiva del fatto che la Chiesa fa politica – se mai ci fosse bisogno di una prova per ciò che è assolutamente evidente – è la petizione lanciata a livello europeo in tutte le parrocchie: la petizione si chiama “Uno di noi” e per uno di noi si vuole intendere l’embrione umano “fin dal concepimento”. Ovvero dal momento esatto in cui avviene la fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo.

Se l’obiettivo dichiarato è quello di impedire la ricerca scientifica sugli embrioni, è evidente che affermare che a un embrione vadano riconosciuti i diritti umani equivale a chiedere la proibizione dell’aborto e di contraccettivi come la pillola del giorno dopo: se dopo l’atto sessuale si forma un embrione cui vanno riconosciuti i diritti umani, infatti, usare la pillola del giorno dopo è commettere un omicidio.

Limitare la ricerca scientifica e ottenere un grimaldello che consenta di mettere in discussione l’uso dei contraccettivi e la legislazione sull’aborto in tutta Europa: un progetto politico inquietante e ambizioso, che si propone di riaffermare con una petizione – le cui firme vengono raccolte in molte Chiese di tutta l’Europa – il principio che i valori (o disvalori, a seconda del punto di vista) di una comunità religiosa debbano diventare legge di uno Stato, anzi di un intero continente. Con buona pace di Voltaire e della laicità.

Se la battaglia politica è legittima (ma non condivisibile), chiediamo agli uomini di Chiesa che d’ora in poi abbiano la decenza di non ripetere più la frase “la Chiesa non fa politica” perché è una balla di dimensioni colossali e questa petizione contro la ricerca e i diritti delle donne ne è una terribile dimostrazione.

La Chiesa FA politica (e quel che è peggio è che lo fa con i nostri soldi).

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