#Save194

Sembra, ogni volta, di dover ricominciare da capo. Facciamolo, allora, e partiamo da una domanda. Questa: “tutte le donne italiane possono liberamente decidere di diventare madri?”. La risposta è no.

Non possono farlo, non liberamente, e non nelle condizioni ottimali, le donne che ricorrono alla fecondazione artificiale, drammaticamente limitata dalla legge 40.

Non possono farlo le donne che scelgono, o si trovano costrette a scegliere, di non essere madri: nonostante questo diritto venga loro garantito da una legge dello Stato, la 194.

Quella legge è, con crescente protervia, posta sotto accusa dai movimenti pro life, che hanno più volte preannunciato (anche durante l’ultima marcia per la vita), di volerla sottoporre (di nuovo) a referendum.

L’articolo 4 di quella legge sarà all’esame della Corte Costituzionale – il prossimo 20 giugno – che dovrà esaminarne la legittimità, in quanto violerebbe ” gli articoli 2, (diritti inviolabili dell’uomo), 32 I Comma (tutela della salute) e rappresenta una possibile lesione del diritto alla vita dell’embrione, in quanto uomo in fieri”.

Inoltre,  quella legge è svuotata dal suo interno da anni. Secondo il Ministero della Salute sono obiettori sette medici su dieci (per inciso, i cattolici praticanti in Italia, secondo i dati Eurispes 2006, sono il 36,8%): in pratica, si è passati dal 58,7 per cento del 2005 al 70,7 per cento del 2009 per quanto riguarda i ginecologi, per gli anestesisti dal 45,7 per cento al 51,7 per cento e per il personale non medico dal 38,6 per cento al 44,4 per cento. Secondo la Laiga, l’associazione che riunisce i ginecologi a difesa della 194, i “no” dei medici arriverebbero quasi al 90% del totale, specie se ci si riferisce agli aborti dopo la dodicesima settimana. Nei sette ospedali romani che eseguono aborti terapeutici, i medici disponibili sono due; tre (su 60) al Secondo Policlinico di Napoli. Al Sud ci sono ospedali totalmente “obiettanti”. In altre zone la percentuale di chi rifiuta di interrompere la gravidanza sfiora l’80 per cento, come in Molise, Campania, Sicilia, Bolzano. Siamo sopra l’85% in Basilicata. Da un’inchiesta dell’Espresso di fine 2011, risulta che i 1.655, non obiettori hanno effettuato nel solo 2009, con le loro scarse forze, 118.579 interruzioni di gravidanza, con il risultato che più del 40% delle donne aspetta dalle due settimane a un mese per accedere all’intervento, e non è raro che si torni all’estero, alla clinica privata (o, per le immigrate soprattutto, alle mammane). Oppure, al mercato nero delle pillole abortive.

Dunque, è importante agire. Vediamo come.

Intanto, queste sono alcune delle iniziative che sono state prese:

1) Lo scorso 8 giugno, Aied e Associazione Luca Coscioni hanno inviato a tutti i Presidenti e assessori alla sanità delle Regioni un documento sulle soluzioni da adottare per garantire la piena efficienza del servizio pubblico di IVG come previsto dalla legge. “Siamo altresì pronti a monitorare con attenzione l’applicazione corretta della legge e, se necessario, a denunciare per interruzione di pubblico servizio chi non ottempera a quanto prevede la legge”, hanno detto.

Le proposte sono:

Creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza;

Elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza;

Concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di IVG;

Utilizzo dei medici “gettonati” per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori;

Deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di IVG sono scoperti.

2) La scorsa settimana ha preso il via la campagna contro l’obiezione della Consulta di Bioetica Onlus: qui trovate le informazioni e qui il video.

 

Diffondere queste informazioni è un primo passo. Ce ne possono essere altri. Fra quelli a cui, discutendo insieme, abbiamo pensato, ci sono:

1) Raccogliere testimonianze. Regione per regione, città per città, ospedale per ospedale, segnalateci gli ostacoli nell’accesso all’IVG e alla contraccezione d’emergenza. Potete farlo anche in forma anonima, nei commenti al blog. Ma è importante: perché solo creando una mappa dello svuotamento della legge è possibile informare su quanto sta avvenendo ed eventualmente pensare ad azioni anche legali.

2) Tenere alta l’attenzione in prossimità del 20 giugno. Lanciate su Twitter l’hashtag #save194, fin da ora.

L’intenzione di questo post è quella di informare. Non è che il primo passo: perché la libertà di scelta continui a essere tale, per tutte le donne.

Postato in contemporanea da:

Marina Terragni

Giorgia Vezzoli

Giovanna Cosenza

Lola

Chiara Lalli

Lorella Zanardo

Dol’s.it

Si fa presto a dire mamma

Femminismo a Sud

7 thoughts on “#Save194

  1. “Mancano ormai pochi giorni ad una sentenza destinata a diventare pietra miliare in tema di diritti civili. Il prossimo mercoledì 20 giugno la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sulla compatibilità o meno della legge 194/78, cioè quella che regola il ricorso all’aborto, con gli articoli 2 e 32 della Costituzione italiana che tutelano rispettivamente i diritti inviolabili dell’uomo e la salute, su richiesta di un giudice tutelare di Spoleto. Il magistrato umbro ha basato il suo ricorso su una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea che, secondo la sua interpretazione, equiparerebbe di fatto gli embrioni umani all’essere umano vero e proprio, stabilendo quindi il principo che qualunque tutela per il secondo dovrebbe essere estesa anche ai primi. Nel caso in cui passasse questa intepretazione il ricorso all’interruzione di gravidanza diverrebbe incostituzionale e la 194 crollerebbe, e per questo i sostenitori della storica legge hanno avviato una campagna di sensibilizzazione attraverso internet. Un comunicato sull’argomento è stato pubblicato simultaneamente su vari blog, su Twitter è possibile seguire il tam-tam sotto l’hashtag #save194, alcuni siti (ad esempio Giornalettismo) hanno approfondito la notizia. L’UAAR sta sostenendo la mobilitazione virtuale con una Ultimissima e attraverso il suo profilo su Twitter e la sua pagina Facebook; per l’occasione è stata anche creata, e pubblicata nei canali suddetti, un’immagine sulla libertà di scelta delle donne.”

  2. Per quanto riguarda la questione degli aborti terapeutici, quindi dopo la 12 settimana, vorrei capire cosa c’è da stupirsi… a meno di ignorare la realtà oggettiva di come sia un embrione a quello stadio e di come deve intervenire il medico per “rimuoverlo”.

  3. “Secondo la Laiga, l’associazione che riunisce i ginecologi a difesa della 194, i “no” dei medici arriverebbero quasi al 90% del totale, specie se ci si riferisce agli aborti dopo la dodicesima settimana. Nei sette ospedali romani che eseguono aborti terapeutici, i medici disponibili sono due; tre (su 60) al Secondo Policlinico di Napoli.”

    Gli aborti terapeutici, quelli per cui è difficile trovare i dottori, sono quelli dopo la 12a… spero sia più chiaro ora 😉

    • “Specie” = soprattutto, non significa che non ci siano grossi problemi anche negli altri casi!
      Tra l’altro oltre le prime 12 settimane l’IVG è consentita solo “quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna o quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”, per cui il fatto che in questi due casi si incontri il maggior tasso di obiezione mi sembra ancora più grave visto che non si può nemmeno invocare un uso sconsiderato dell’IVG nei due casi in esame!

  4. Da una parte si mette giustamente l’esperienza della neomamma, che non è assolutamente lecito giudicare in nessun senso, io cercavo di porsi dalla parte di un medico chiamato ad intervenire su un feto dopo la 12a settimana..
    .
    Eseguire un’operazione di quel tipo implica delle questioni morali, viste sia le dimensioni e le caratteristiche del feto che la metodologia di solito applicata per l’operazione stessa.

    Senza contare il fatto che, per legge, se il feto presenta dei segni di vita (e spesso succede nelle interruzioni dopo la 18a settimana) il medico è tenuto per legge a cercare di rianimarlo.

    Ecco perchè, come dicevo nel mio primo post, non mi stupisce il numero di obiettori.

    • Sono d’accordo, da un lato c’è il punto di vista della madre e dall’altra quella del medico.
      Posto questo, è evidente che la questione non è certo limitata agli aborti post 90 giorni, e che quello delle obiezioni di coscienza sta diventando per i suoi numeri un problema che di fatto sta mettendo in difficoltà l’esercizio di un diritto previsto a precise condizioni dalla legge – un problema che non può essere ignorato.
      Al di là di questo, l’oggetto della mobilitazione #save194 è un altro, e a ha che fare con i continui attacchi ad una legge che, dal 1978 a oggi, ha portato a una progressiva riduzione degli aborti, ma che per qualcuno è ancora troppo ‘permissiva’.
      Perché, oltre al ricorso che si decide oggi, abbiamo già visto qualche settimana fa una manifestazione di piazza sulla quale:
      https://dallapartedialice.wordpress.com/2012/05/13/la-propaganda-antiabortista-sulla-pelle-delle-donne-smentita-dai-numeri/

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